Di Giorgio Segato
dal catalogo della mostra, 2006
A. Z. si è lasciata suggestionare dalle colonne classiche che frequenti tornano nella pittura, nell’architettura dipinta da Andrea Mantegna come importanti episodi di citazione e rievocazione del mondo antico, e quali emblemi della costruzione e del sostegno, del degrado e della perdita, della aspirazione alla rinascita attraverso la reinterpretazione dell’armonia, la reintegrazione dei canoni, della valorizzazione dell’individualità nella coralità sociale, nella partecipazione di tutti alla società cooperante: sono le colonne dell’iride, quella Verde, quella Viola, quella Blu, quella Arancio, tutte e quattro di h 225 cm e diametro 30 cm, cioè superiori all’altezza dell’osservatore in modo che lo sguardo si trovi a vagare dentro, catturato nel ricco gioco cromatico (che la materia tessuta, seta e cotone, esalta) delle strutture verticali svuotate, percependo, proprio in virtù delle aperture in progressione (fessure longitudinali, quadrati, sezioni circolari orizzontali, reticolato ad ampie maglie quadrate) un emozione collegata al restauro, alla restituzione, all’equilibrio, alla festa e alla gioia esistenziale che, indubbiamente, era ed è presente nel primo Mantegna, nei suoi festoni di frutta e di rami e foglie, nelle sue colonne ornate, nei suoi vividi colori, ma soprattutto esalta una sorta di respiro della materia, di possibilità di transito nello spazio e nel tempo, dentro e fuori, prima e dopo, pensando a Mantegna e indagando lo spazio estetico del presente, “circolando” col pensiero e la sensibilità nell’opera, proponendosi come accenno di ordito e di ornamento, elemento decorativo, realizzato in tessitura a telaio e con cromie che contagiano le strutture che attraversano.
Ne “Il cielo nel pozzo” poi cita direttamente il soffitto della Camera degli Sposi, rovesciandone la visione prospettica verso l’alto (balaustra che definisce l’occhio di cielo con angioletti) in visione prospettica speculare, come cielo nel pozzo, pozzo che specchia il cielo, metafora del centro del chiostro, dove l’acqua congiunge terra e cielo e si fa centro di meditazione, del percorso di introspezione e di elevazione di insieme.
Materia (cotone, seta, tulle, legno), colore saturo, attraversamenti conferiscono ai lavori una particolare leggerezza e il senso di una gioiosa rivisitazione, di una riscoperta intima ricca di modulazioni diverse pur nel rispetto di canoni costruttivi, ma poeticamente declinati e come levigati, raffinati in tempi lunghi di esercizio di una manualità compositiva e tessile di alta perizia e di coltivata sensibilità tattile e formale.