Antonia Zecchinato | Trame di sogno. Tra forma e ideazione.
Di Raffaella Terribile dal catalogo della mostra, 2012: "Anche la storia dell’arte… è un cibo di cui si nutrono le sculture in stoffa…"
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Trame di sogno. Tra forma e ideazione.

Di Raffaella Terribile
dal catalogo della mostra, 2012

I percorsi di Antonia Zecchinato e Patrizia Panizzolo si intrecciano secondo le linee di una ricerca che vede protagonista la Fiber art, una ricerca in cui le loro “voci” interpretano, come in un canone a due, diverse sensibilità e suggestioni originali, mescolando il saper fare della tradizione, l’amore per la ricerca, l’attenzione per la forma e il colore.

Partendo dal tradizionale approccio artigianale, Antonia Zecchinato dà vita a sculture di stoffa colorata, “Archisculture”, frutto di un’attività artistica ormai pluridecennale in cui ha esplorato con curiosità le diverse possibilità della tecnica e i modi della creatività applicati all’elaborazione formale e all’espressione cromatica.

Le creazioni di piccole e grandi “architetture” di tessuto nascono quali emblemi di un fare artistico che conserva sempre intatto il gusto e il fascino dell’antico sapere artigianale: la manualità come strumento di creazione e di ricerca del Bello, la progettualità coniugata al piacere di un approccio “fisico” con la materia tessuto e la sua tradizione secolare.

Patrizia Panizzolo segue una tendenza più intimista e lirica: partendo dall’esperienza del Batik, affiancato poi dal polimaterismo, giunge alla creazione di sculture in tessuto che si aprono come sudari di lino e che nella loro trama intrappolano frammenti di luce, scaglie di colore, restituendo l’impressione di leggere fra le righe una sorta di palinsesto, di filo di Arianna, in cui l’artista registra instancabile l’urgenza di una tensione creativa che, attingendo ai depositi della memoria, affida di volta in volta all’aspetto materico e al gusto sensoriale il compito di spingersi nella direzione sempre equilibrata di un linguaggio essenziale e universale.

Nelle “Colonne” di Antonia Zecchinato la fibra tessile avvolge di cromie vibranti esili fili di rame, rendendoli evocativi di strutture funzionali purificate dal colore, gioco di geometrie ritmiche, riducendo progressivamente il solido geometrico a forma pura, con un minimalismo elegante e prezioso: sono sculture che si fanno architetture dell’impossibile, dove lo sguardo dell’osservatore è portato a seguire l’intrecciarsi di linee di forza fino a percepire la dimensione perfetta dell’eurythmìa.

La tarlatana sfilata di Patrizia Panizzolo diventa supporto, cornice, contenitore avvolgente di tracciati, di “segni” la cui definizione è l’eco di una gestualità che utilizza la delicata trama del tessuto come per delineare una scansione ritmica affidata al colore, nella de-finizione di una superficie segnica essenziale, di gusto quasi orientale. Il bianco e il colore, la trasparenza e la densità, la morbidezza e l’indurimento della stoffa, stesa o piegata a formare un totem primordiale di luce, sono le antinomie rese possibili da un dialogo degli opposti sempre attento ed intelligente nel costruire forme, disegnare volumi, nell’indicare percorsi di espressione e di riflessione sempre diversi.

Il lavoro su materia e forma, la sintesi di design e tradizione, l’attenzione estrema al dettaglio prezioso, al gioco delle linee e dei colori: sono questi i tratti comuni alle modalità espressive di Antonia Zecchinato e Patrizia Panizzolo nell’ambito affascinante e prezioso dell’arte del tessuto, una “nicchia” ancora poco nota – almeno in Italia – al grande pubblico, dove sapere tradizione e innovazione si intrecciano in maniera forte e indissolubile.

Una ricerca modernissima, la loro, ma densa di simbolismi, che non prescinde mai dal passato, dalla memoria, dall’antico, ma che sempre li evoca, in forma materica o simbolica, in allusione di rimando: la trama “sensibile” dei lini antichi, egiziani, l’arte segnica, materica, i graffiti, i segni stilizzati di un arte arcaica per Patrizia Panizzolo; gli archetipi del mito, dell’antico, e le prospettive sorprendenti di Mantegna per Antonia Zecchinato, dove il legame passato-presente si spinge a riflettersi nei bagliori mutevoli di uno specchio che non mostra il presente, lo rivela evocando il passato, facendosi oculus in cui il cielo si duplica come nella vera di un pozzo, e dove l’ambiguità del trompe l’oeil della camera picta mantovana trova una giocosa citazione capovolta fatta di legno, anelli prospettici di cotone colorato, seta e tulle: “Il cielo nel pozzo”.

Muovendosi tra le opere di Antonia Zecchinato e di Patrizia Panizzolo qui in esposizione, l’osservatore vive un’esperienza estetica, emozionale, che è anche di agnizione, di svelamento: finisce per essere avvinto, catturato dalla bellezza e dalla curiosità in un gioco continuo di riflessi, di rimandi, di ricordi, per restare infine impigliato nel delicato tenace filo di Arianna che lo porta a farsi avanti, a entrare nelle opere, a penetrare la dimensione immaginata dall’artista. Trame di sogno, tra forma e ideazione.

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